domenica 11 ottobre 2009

BACK IN BLOOD




Mi sono presa un mesetto di tempo per riascoltare più volte questo ultimo CD dei 69 eyes, perchè, ahimè, al primo ascolto ero rimasta un po' perplessa. E' anche vero che spesso il ri-ascolto ti fa comunque entrare in testa le canzoni, che già è un passo avanti per una riabilitazione poco obiettiva. Diatriba, tremenda diatriba.

E' subito evidente che i nostri amici finnici hanno fatto il salto verso gli States, verso il glam-rock, verso la tamarraggine solo pseudo-dark, quasi più horror-fun-rock... una pista che già il precedente Angels aveva designato. Insomma, scordatevi le atmosfere à la Brandon Lee. E' sicuramente un'evoluzione. A mio avviso, di per sé, abbastanza discutibile. Perchè in queste tracce c'è qualcosa di ripetitivo, di continuamente autoreferenziale, di eccessivamente barocco, divertente ma molto molto fumoso.

E' indicativo, per altro, che le canzoni migliori di questo album siano quelle in cui l'atmosfera ritorna intimista, oscura, struggente: Dead and gone, Night Watch, Some kind of magik.
La title-track apre male l'album perchè è di basso profilo, ripetitiva, già sentita, quasi moscia. Dead girls are easy è un pastiche buffone che si ascolta e si dimentica volentieri (anche il videoclip che lo accompagna non depone a suo favore), brani come Suspiria Snow White, The Good, The Bad & The Undead, We own the night sono tiratissime prove di voce bassa + batteria pestata. Chiude l'album un improbabile ballad - Eternal - che sembra a tratti uscire da un film anni '60 (decisamente il pezzo più strano di tutto l'album).

Nel complesso apprezzabile il gioco cinematografico-letterario-musicale tutto incentrato su sangue, mostri, morti che testi e musiche riflettono. Ma io continuo ad avere nostalgia della vecchia garage-band goth-metal-rock degli esordi. Ci si può evolvere anche senza stravolgere.

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