
No, per una volta non vi parlerò delle mie furie contro questo e quest'altro. Stavolta vi parlerò dell'
artista di merda Philip K. Dick e del suo romanzo scritto a due mani con Roger Zelazny.
Premesse indispensabili a questa piccola rece amatoriale:
- La fantascienza di Dick è una fantascianza atipica: anche quando ci sono robot e supertecnologie il mondo sembra in realtà arretrato, inetto e post-atomico;
- Dick è un artista strano, ed è stato un uomo ancora più strano. Personalmente della sua vastissima produzione ho amato tantissimo un paio di libri, e ho vomitato di sdegno su molti altri. Forse questa altalenanza qualitativa denota una sua genialità ribelle e bohemien. In ogni caso
Anche gli androdi sognano pecore elettriche, volgarmente conosciuto come
Blade Runner, è uno dei più bei libri tout court che abbia mai letto.
Deus Irae è in soldoni la storia di un mondo sopravvissuto alla Guerra Atomica, la cui fede religiosa si divide tra il vecchio incrollabile Cristianesimo, pieno di ambigui e viscidi personaggi, e una neo-religione dal sapore un po' nazista (un nazismo dal volto divino!) che venera il Dio Dell'Ira. Il Dio dell'Ira è incarnato nel suo inventore-sacerdote-guerriero, professa una fede basata sulla violenza e sulla prevaricazione come unica forma di sopravvivenza. Un po' la legge del più forte, insomma, e un po' Vecchio Testamento portato alle estreme conseguenze. Incaricato di dipingere il Dio della Nuova Chiesa in un affresco che lo celebri, un pittore senza arti s'incammina col suo tristissimo carretto alla ricerca del divino, in un viaggio iniziatico assai bizzarro e dall'amara conclusione.
Indubbiamente un argomento interessante ed attuale. Indubbiamente una stesura ricca di personaggi interessanti e soluzioni tristi, adulte,
atee nel senso più scientifico del termine. Ma su questa struttura crescono rami secchi e risvolti poco chiari. Il personaggio del Deus Irae è un po' confuso, mentre il background religioso è ben abboccato all'inizio, e poi perde d'importanza. Il viaggio iniziatico del pittore, con tutte le sue valenze simboliche e i suoi richiami religiosi, è comunque a tratti un po' noioso. Commuove e un po' indigna un finale che fa confluire tutto nella finzione e nell'inganno: è forse troppo tremendamente vicino alla realtà?
Nel complesso, lettuta consigliabile se da scegliere tra tanta letteratura-spazzatura che ci propinano oggi (se la gente non legge, di sicuro c'è comunque chi scrive, e troppo, e di tutto). Ma resta un libro che poteva dire molto di più.